Far capire ai miei alunni che il segreto di un buon racconto fantastico risiede proprio nel far capitare nella monotonia del quotidiano qualcosa di incredibile, eccezionale, bizzarro, a volte persino inquietante, è stato fondamentale per il raggiungimento del nostro obiettivo: riuscire a scrivere un racconto fantastico ben fatto.
Ovviamente il percorso è iniziato con la fase di immersione nei testi, alla scoperta delle caratteristiche della tipologia testuale in questione. Ho letto preventivamente diversi testi, ma la scelta è ricaduta su alcuni racconti, che sebbene le antologie dessero in forma ridotta, perchè un po’ troppo lunghi nella versione originale, erano comunque testi autoconclusi e non estratti di romanzi.
I testi letti sono i seguenti:
Il naso di N. Gogol
I vincitori del giorno dopo di H. Horn
Chissa? di Guy de Maupassant (Quando la casa scappa di casa versione antologica ridotta)
La spada di F. Kafka è stato invece ascoltato.
Tra i testi selezionati c'erano anche Il Colombre e La giacca stregata di Dino Buzzati, ma il tempo tiranno da una parte, e il fatto che i ragazzi avessero individuato le caratteristiche del genere già attraverso questi quattro racconti, dall’altra, mi hanno convinta a metterli da parte, per leggerli magari in altre occasioni (Chissà, direbbe Guy de Maupassant!).
Dopo aver letto/ascoltato, compreso ed analizzato i racconti, i ragazzi, partendo da alcune mie domande guida, hanno individuato le caratteristiche del fantastico e ciascuno le ha schematizzate in una propria mappa concettuale.
Prima di procedere alla fase di pre-scrittura e di scrittura, ho mostrato ai ragazzi due organizzatori grafici utili per rendere visibile l'andamento e la struttura (ossatura) di una storia: la curva e il diamante della storia. Li abbiamo quindi utilizzati, applicandoli ai racconti letti, nello specifico a Il naso e a I vincitori del giorno dopo. In un primo momento abbiamo inserito nei due organizzatori solo gli elementi essenziali dei racconti, ovvero lo "scheletro" della trama dei due testi.
In un secondo momento, ho fatto notare che il racconto "essenziale" è sì un "buon" racconto ma non è "gustoso", ossia avvincente e coinvolgente, come quando lo si arricchisce di DETTAGLI. A tal riguardo ho utilizzato le due immagini sottostanti con le metafore delle "storie-hamburger" e "storie hamburger+condimento". Le storie del primo tipo sono senz'altro "buone", ma di sicuro non "gustose" e "invitanti" come un panino dove alla carne aggiungiamo del condimento: insalata, cetrioli, pomodori, formaggio e quant'altro! Abbiamo quindi individuato i dettagli nei testi e i ragazzi li hanno aggiunti negli schemi, evidenziandoli con colori diversi.
Esempi di DIAMANTI
A questo punto è iniziata la fase di pre-scrittura e di raccolta delle idee: semi da gettare e da cui far germogliare la propria storia fantastica.
Ho proposto l’attivatore E se…? (titolo originale What if…? nel libro The Writing Strategies Book di J. Serravallo). L’ho proposto facendo disegnare una tabella a T: a sinistra i ragazzi hanno scritto alcune situazioni di quotidianità, a destra i se ipotetici, ossia gli elementi bizzarri che irrompono e stravolgono la normalità di tutti i giorni.
I ragazzi hanno poi scelto l’abbinamento quotidianità/elemento ipotetico che maggiormente li ispirava o attorno al quale sapevano di poter costruire una storia più ricca e avvincente e hanno iniziato a strutturare il loro racconto. Hanno quindi riutilizzato gli schemi della montagna della storia e/o del diamante nello stesso modo in cui avevano proceduto in fase di immersione, ossia inserendo prima solamente gli elementi essenziali, l'ossatura del racconto, e poi hanno aggiunto i dettagli posizionandoli nel punto in cui successivamente li avrebbero inseriti nella stesura del racconto. In questo caso per far capire ai ragazzi come si lavora con le storie, ho preso in prestito un'immagine dalla grammatica: frase minima VS frase estesa. La storia-base, lo scheletro del racconto, è come la frase minima: contiene gli elementi minimi, essenziali, necessari a dare senso e significato alla storia; se però alla storia-base (frase minima) aggiungiamo dettagli, i famosi elementi "accessori", otteniamo una storia che pur conservando il suo significato (trama) iniziale, diventa più completa perchè più ricca di informazioni (frase estesa).
E' seguita la fase di scrittura delle bozze che, volta per volta, sono state lette e condivise in classe. Durante la lettura, annotavo mano mano, facendo notare a ciascuno, tutto quello che non andava e che quindi necessitava di lezioni mirate.
Per esempio durante la lettura sentivo spesso l'uso di parole o espressioni come "ero agitato", "avevo paura" oppure "mi prese l'ansia" o ancora "avvertivo una sensazione di panico". Ho pensato di insegnare loro a mostrare anzichè dire le emozioni: Mostra, non dire...le emozioni!
Esempi di omini delle emozioni
Nei loro testi mancavano completamente i dialoghi, oppure erano state inserite delle battute di dialogo che non aggiungevano niente al testo, anzi, al contrario, lo rendevano banale. Sono tornata ai testi usati durante l'immersione per far notare loro che il dialogo ha delle funzioni ben precise:
- mandare avanti la storia
- caratterizzare il personaggio
- mostrare emozioni e stati d’animo
e Il naso di Gogol è, a mio parere, un ottimo mentor a tal fine.
Infine le descrizioni sia dell'ambientazione che dei personaggi altro non erano che una lista di elementi percepiti soltanto con la vista (nel primo caso) ed un elenco di capelli, occhi e naso e di caratteristiche fisiche con la formula convenzionale "era + aggettivo" (nel secondo caso).
Ho quindi mostrato loro come poter scrivere descrizioni più efficaci e suggestive, tanto di ambienti quanto di personaggi, protagonisti e non.
Per le sequenze riflessive, invece, non è stata necessaria alcuna lezione poichè avevamo incontrato in altre circostanze il monologo interiore che li ha aiutati molto nel riportare i pensieri dei personaggi.
In ultimo, ma non per importanza, ho spiegato l'incipit e mostrato i vari tipi con esempi perlopiù tratti dalla letteratura per ragazzi. Hanno scelto e scritto due/tre tipi di incipit; poi hanno inserito nel loro testo quello che a loro avviso risultava più coinvincente.
Alla luce delle mini lessons e delle indicazioni date durante la condivisione, i ragazzi hanno rivisto e corretto le proprie bozze fino alla stesura finale definitiva. Di seguito alcuni esempi.
Esempio n. 1
Esempio n. 2
NB: Tutti i ragazzi hanno lavorato in questo modo, pertanto la scelta dei lavori in foto è legata solo ed esclusivamente all'esigenza di pubblicare schemi e testi chiari e leggibili.